VIOLEICA m6, 35 mm, f 1:4, 1/30, 400 iso


Sono al concerto di Viola (aka Violante Placido, ndr…). Il concerto inizia a mezzanotte, è mezzanotte e io sono stanchissimo, il giorno dopo, anzi oggi, mi dovrò alzare come al solito alle 5. Non è festivo, e devo lavorare. Però Viola è tanto bella, almeno dalla televisione, e voglio vederla da vicino. E più di così! Sono seduto in terra, ai suoi piedi. Ci sarà una motivazione psicologica sul perché io mi trovo sempre a fotografare a terra. ci sono altri fotografi, composti, mentre io  no, sto in terra, con il sedere che si rosola nel caldo dei sanpietrini che ancora rilasciano l’afa estiva accumulata. Mentre scatto in digitale, ecco che mi viene in mente di avere, nella borsa fotografica, anche la piccola Leica, con il piccolo Summilux, e la sua brava pellicola in bianco e nero. L’obiettivo, con quella luminosità, penso, se non lo uso adesso, quando mai? Violante, anzi Viola come a lei piace essere chiamata quando canta e non recita (ma forse recita sempre, chi lo sa…), è a metà di un bel pezzo accorato. Io guardo le luci, le temibili luci coloratissime, verde prato estivo, rosso lava dell’Etna, viola come la cantante (ma guarda te…), blu cielo pre-temporalesco; ma forse questi colori mi aiutano con il bianco e nero, mi fanno l’effetto di filtri messi a bella posta. E allora, dai con questo bianco e nero! Bisogna resettare il cervello e ragionare per la pellicola; 36 foto sEono come l’acqua nel Sahara, guai a sprecarne una goccia. Mio padre mi diceva che in un rullino ci devono essere 6 foto decenti, 3 belle, e 1 da togliere il fiato. Sennò, butta via tutto. E io ancora cerco queste fatidiche 10 immagini in ogni rullino che faccio. Per onor di cronaca, riposto qui il provino a contatto (cosa sarà mai!) così come è uscito dal negativo scannerizzato. Ci sono anche i miei commenti, e potete quindi vedere  (utile, spero), come si ragiona, almeno come ragiono io, dopo lo scatto.

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E qui riporto le foto scelte. E’ stato, come sempre, molto coinvolgente usare un rullino, ancora non mi sento anacronistico, quindi continuerò a farlo. E’ come gustare un buon bicchiere di grappa, da meditazione, a fronte di una scolata esagerata di birra gelata dopo una gran sudata. Quest’ultimo è il digitale. La meditazione in giardino, con la brezza, è la pellicola. Au revoir, Viola. Spero di rivederti a Pesaro.

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